Perché leggere la Bibbia – Silvano Fausti
Una lettura cristiana della Bibbia è necessariamente «laica» – Silvano Fausti
La Bibbia non è pane per devoti, per eruditi o per potenti. Una sua lettura non può che essere «laica». Religiosamente, scientificamente e politicamente laica.
Gesù era un semplice laico. Non apparteneva al ceto ricco dei sacerdoti, né a quello pio dei farisei, né a quello colto degli scribi. Era sì discendente dal re David, ma senza maggiori pretese di un facchino di Roma Termini che possa avere Romolo come capostipite. Sovvertitore di sani equilibri, fu considerato un destabilizzatore del potere religioso, culturale e politico. Scomodo come tutti i profeti, fu ucciso per bestemmia dai religiosi e per sedizione dai politici. E giustamente. Il suo messaggio non era funzionale all’ordine costituito. Proclamava un cambiamento di mente, di cuore e di azione. Chiamava a conversione: Dio è Padre, non padrone, gli altri fratelli, non sudditi o rivali.
Secondo il Vangelo di Marco, iniziò l’attività con cinque polemiche contro la legge e terminò con altre cinque contro il potere. Mai si prestò ad avallare il dominio dell’uomo sull’uomo. Tanto meno in nome di Dio. Non si può piegare la sua dottrina a giustificazione di reato. Anche se spesso la si usa per paludare le vergogne dei potenti di turno.
Se Gesù apparisse in una chiesa, lo metteremmo là dove simbolicamente sta: sulla croce. Senza sapere quello che facciamo, ora come allora (cf Lc 23,34). Eppure ha detto con chiarezza che sarà con noi tutti i giorni, fino al compimento della storia (cf Mt 28,20): il suo volto è quello di chi emarginiamo, giudichiamo e condanniamo. Immigrati e barboni, malati e carcerati sono la sua carne (cf Mt 25,31-46).
Come cambierebbe il mondo, se lo prendessimo nella nostra barca «così com’era» (Mc 4,36), non come lo pensiamo noi. I Vangeli non giustificano l’esistente, né mai confermano l’opinione del lettore. Sono ispirati da altro fine e da altro principio. La perennità della Chiesa, a differenza di altre istituzioni, deriva da questo: i suoi testi fondanti, invece di giustificarla, con grande amore e cura sempre la sconfessano e richiamano a conversione.
Una lettura pia, dotta o apologetica della Bibbia la sterilizza: non rende conto di ciò che essa ha generato e genera nella storia. Il suo mistero è rivelato non a intelligenti o esperti, ma a infanti (Lc 10,21s), che sanno e dicono niente. Contro tentativi di sequestro ideologico, risuonano le parole di Gesù: «Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito» (Lc 11,52).
Una lettura religiosa, a conferma di proprie convinzioni, è sistematicamente smentita dal testo. La Bibbia non è pezza d’appoggio per indubitabili dottrine. Tende a spiazzare certezze, per aprire alla verità. Se uno vuole certezze, vada a Roma e metta la mano nella Bocca della verità, che si trova nel pronao di S. Maria in Cosmedin. Oppure si accontenti di «una» certezza vera, questa, per esempio: anche se ne ignoriamo la cifra, certamente le salite sono uguali alle discese. Se però vuole più certezze, consulti l’oroscopo o entri in un movimento di ipercattolici. O, meglio ancora, entri in una setta qualsiasi di fondamentalisti, che è più sicuro per lui. .. e meglio per la Chiesa di Dio. Se uno però, invece che certezze, cercasse verità, dischiuda il suo cuore a un Dio semper maior, altro da ogni nostra idea su di lui e sempre non-altro da tutto ciò che pensiamo altro da lui. Benedetto XVI dice bene dei Magi che incontrano Gesù: «Il cammino esteriore di quegli uomini era finito. Ma a questo punto per loro comincia un nuovo cammino. Poiché sicuramente avevano immaginato questo Re neonato in modo diverso. Ora s’inchinano davanti a un bimbo di povera gente. Il nuovo Re si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano imparare che Dio è diverso da come noi di solito lo immaginiamo. Ora vedevano: il potere di Dio è diverso dal potere dei potenti del mondo. Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a lui. E ciò significa che ora essi stessi devono diventare diversi, devono imparare lo stile di Dio. Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se stessi» (Benedetto XVI, Veglia con i giovani, Colonia, Spianata di Marienfeld, 21 agosto 2005).
Il Dio della tradizione biblica non gradisce di abitare nelle nostre idee, inventate dai potenti e confezionate dai sapienti per una forma di decenza. La sapienza divina, preordinata prima dei secoli per la nostra gloria, nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla. Se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria (cf 1Cor 2,6-8).
Una lettura scientifica – intenta a stabilire il testo, attenta a grammatica e sintassi, a retorica e forme, a tradizioni e fonti, a redazioni e situazioni diverse – è utile, anzi necessaria per fornire strumenti di comprensione. Ma è incompleta. Trascura il fine del testo, che non è l’analisi del medesimo, ma ciò che esso risveglia nel lettore. Se una persona mi dice: «lo ti amo», non faccio l’analisi grammaticale, logica e retorica per sapere cosa significa. Certa
lettura scientifica della Bibbia non coglie la realtà di cui parla: de- ‘ scrive i granelli di sabbia senza vedere la spiaggia. E, soprattutto, senza buttarsi in mare.
Una lettura politica infine, ordinata alla presa o alla conferma di potere, smentisce la sua essenza. La Bibbia è uno scritto profetico: chiama ad abbandonare le proprie vie, tracciate dalla brama di avere, potere e apparire, per seguire una via di dono, servizio e umiltà. La via di Dio.
La Bibbia non è mai apologetica. È sempre critica. Ma non come gli scritti di parte, che screditano altri per accreditare se stessi. Critica il suo lettore per aprirlo agli altri e all’Altro, di cui ognuno è immagine e somiglianza. Essendo la critica scomoda, i profeti da sempre soffrono, come Giovanni Battista, di una malattia pro- fessionale: il taglio della testa. Dove ciò non fosse possibile, ogni mezzo è ancora buono per farli tacere.
Per costruire un edificio c’è bisogno del capo-mastro e di uno che potremmo chiamare il contro-mastro. Il primo dirige i lavori, il secondo ne cerca gli errori. Per formare il suo popolo, Dio sempre ha abbinato ai pastori i profeti – spina nel fianco di re e sacerdoti. L’apostolo Paolo ritiene doveroso rimproverare apertamente Pietro di ipocrisia e mancanza di «ortopedia» (cf Gai 2,11-14). È pericoloso abolire il contro-mastro. Sono disastrosi gli osannatori del capo-mastro. Rendono il peggior servizio a Dio e al suo popolo. La lettura della Bibbia, se è corretta, ha una funzione precisa: annunciare un amore che chiama a conversione tutti.
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