Correva l’anno 1651
di Agorà Ciminna
Era il 3 Maggio 1651 festa dell’Invenzione di S. Croce, in quel giorno un gruppo di ciminnesi aveva manifestato l’intenzione di organizzare la festa alla Veneranda Figura del SS. Crocifisso ma l’elemosina non bastava e non si poté neppure trovare nemmeno un sacerdote che celebrasse la Santa Messa in quella mattina essendoci l’obbligo di celebrare le Sante Messe in occasione di quella festa in altre chiese di Ciminna. Sono state queste le circostanze, volute forse da Dio, che portarono al rinvio della festa al venerdì 5 Maggio 1651.
Correva l’anno 1651 e oggi al 5 Maggio 2013, dopo 362 anni, Ciminna non ha dimenticato quegli avvenimenti miracolosi. Quella data segnerà la storia di Ciminna e del suo Crocifisso, la presenza del susseguirsi di miracoli fu così forte che ancora oggi tutti ne abbiamo memoria, grazie anche al contributo del ciminnese Don Santo Giganti che colse la specialità di quei momenti e scrisse nero su bianco quanto i suoi occhi avevano visto a testimonianza per le future generazioni senza alcuna pretesa di essere preso sul serio. Ci riferiamo al testo “Historia della Miraculosa Imagine del SS.mo Crocifisso di Ciminna” una cronaca dettagliata di quei giorni.
Teniamo a raccontare di quei fatti, proprio perché anche quest’anno la festa solenne sarà celebrata il 5 maggio, data in cui si è verificato il primo miracolo , Don Santo Giganti ci narra di una donna “chiamata Filippa Pappalevato, moglie di Pietro, che teneva un bambino in braccio chiamato Giovanni, travagliato d’una Rottura, che non lo faceva quietare dal pianto. La povera madre con viva fede, lo raccomanda al Santissimo Crocifisso. O Signore, diceva, concedetemi questa grazia di sanarlo per vostra misericordia. E ecco che alzando le voci l’addolorato bambino, se le ruppero quelle lenze che lo cingevano stretto, e si trovò guarito. Manifestò il miracolo la madre con vero giubilo, e lacrime, d’allegrezza lodando la Divina Misericordia e se ne andò consolata”.
Quel giorno susseguirono guarigioni di ogni tipo riguardanti una specie d’ernia, alcune fratture degli arti, sana uno storpiato, perfino la guarigione di un cieco “Si che in questo giorno furono guariti di Rottura, oltre del primo, liseguenti figliuoli: Rosario figlio di Matteo e Rosalia Dino, Matteo figlio di Geronimo e Vincenza Maurici, Francesco Bastardello dell’Hospitale, portato dalla nutrice Antonia D’India. Et anco alcune donne che di Rottura pure pativano, furono aggratiati come Agata Pitrolo, Catarina Turrigrossa, et altri ancora, che per degni rispetti non gustano essere nominati[…] Fra li primi, che detta matina concorsero a quella Chiesa, uno fu Giuseppe D’Accomando, cieco d’ambidui l’occhi. Costui per un morbo, che li discese dal capo quantunque nell’esterno non pareva ch’avesse difetto, l’impediva di si fatta manera la vista, che stette per sei anni continui allo scuro, in un angolo di casa, non potendo uscire, se non appoggiato ad un bastone, e con l’aggiunto di persone che lo conducevano a mano. Portava egli speciale devotione a questa S. Imagine e fu uno dei contribuenti di qualche puoca elemosina per le Messe delli 5 di Maggio. Quando appunto condottivi dalle sue genti, nell’entrare, vide primieramente la lampada accesa; e dopo la S.ta Imagine, con grandissima sua allegrezza, e caminando per la Chiesa, se li cade il bastone; e ripigliatolo due e tre volte comprese il mistero, che più non li faceva bisogno. Che perciò lasciatolo per memoria e recuperata perfettamente la vista, si diede con affetto divoto a mettere in ordine le lampe, et a fari altri ministerij della Chiesa e finalmente ringraziato il SS.mo Crocifisso ritornò consolato a sua Casa.”
Furono questi e molti altri miracoli avvenuti nella giornata del 5 maggio del 1651 e nei giorni successivi ad alimentare la devozione al SS. Crocifisso fino al punto di programmare una festa solenne a gloria del SS. Crocifisso e che per l’occasione si facesse anche una processione.
La festa fu quindi organizzata per il 14 maggio dello stesso anno, vennero a Ciminna anche gli abitanti delle terre vicine ma quello che meravigliò ancor di più tutti i devoti furono le vicende legate alla prima processione, “Apparecchiata decentemente la Santa Imagine sopra una bara, raccolte le Confraternita con le loro figure,tamburi, Confaloni e Insegne. Adunato pure il Rev.do Clero con tutti Religiosi di questi Conventi, cioè Domenicani, Francescani, Carmelitani Paulini e Cappuccini. Ad hora dopo Vespro, si diede principio ad inviarsi la processione per quelle strade,che parevano più decenti conforme s’era determinato dal Rev.do Vicario Sostituto: D.re Don Domenico Barone, stante l’assenza del Vicario Foraneo Don Santo Gigante che, per suoi negozi urgenti, si trovò allora in Palermo18. S’inviarono prima le Confraternita con loro figure e giocali19 soliti, secondo li Rev.di Religiosi dei suddetti Conventi, et terzo il Rev.do Clero dei Preti, cioè per quella parte di San Giacopo, con intenzione d’addrizzare per la Via di San Gerardo, quindi alla Magiore, doppo a San Sebastiano, calare a basso verso la Fontanella, passare per la Piazza, e tornare alla propria Chiesa di San Giovanni. E già le medesime strade stavano addobate di apparati, e le genti aspettavano con divotione et allegrezza, di veder passare la Santa Imagine. Quale nell’uscire a punto la porta della Chiesa portata su le spalle da poca genti, ecco, che fatto impeto e impulso straordinario ai portatori, seco li trasse, e prese la via, tutta al contrario di quella che s’era determinata. Prese dico la vanella, ch’è la prima nel piano di detta chiesa, dalla parte di sotto, che corrisponde verso il Folletto. Strada precipitosa, dove bisogna caminare molto attentamente a non cascare, e pure con pigliarsi anco per d’avante buona turma di donne, che sul principio d’essa strada, stavano inginocchioni, et con tirarsi appresso buona parte del popolo, non fu persona che s’avesse fatto minimo danno.
Parse questo principio tanto insolito et impensato, molto stravagante, e mosse l’animi di tutti a certo timore riverenziale, e attonite le genti non sapevano che si dire. Solamente sfogavano li cuori a gridare: Misericordia ! Arrivato il SS.mo Crocifisso nel fine di detta strada ecco che si vidde votar venella, et andò a fermarsi nella strada che corrisponde alla Croce(questa Croce sta perpetuamente affissa sopra un’altare di maramma20 per divotione e tutela della terra). E quivi dimorò immobile, senza potersi distaccare, puoco meno d’un quarto d’ora. Onde con questa sua ritardanza fè che molti si rimembrassero del primo Segno, ch’egli mostrò anni a dietro a quel medesimo loco a punto della casa di quel Bartolo Caiazza, miseramente ucciso; il cui cadavere, par che non havesse voluto associare, conforme al primo capo si disse et in bocca delli più vecchi altro non si udiva : Qui fu, qui fu,dove tanti anni sono non si volse partire per accompagnare il morto. E con tal rimembranza, s’accresceva la meraviglia, e parimente la riverenza. Quindi si parte da questo loco e prende le strada di D. Antonio Faucella, per insino che venne alla strada grande in frontespizio della Madonna della Raccomandata. Qui nella cantonera vicino alla casa, dove sta Giuseppe Rirenda che si trovava a letto con certo discenzo alla gamba, uscì fuori potendo caminare come in fatti caminò facilmente buono pezzo di strada,ma per la calca della gente si bisognò ritirare. Che perciò la sua moglie ci presentò all’ora certa tovaglia lavorata di qualche prezzo. Benchè poi per giusti giudici Divini non seguì la miglioranza, forse perchè tale infermità corporale sia stata più giovevole per la salute spirituale di qull’infermo.
Hor sichè in questa strada Maggiore come capace di popolo si vidde raccolta tutta la Terra di Ciminna intiera. Le Confraternita e genti, che portavano le Figure, et havevano preso per quelle strade designate come sopra, riposte in salvo le figure, non si potevano contenere, che non corressero a vedere simili novità di stupori. Era uno spettacolo di compassione il vedere, li volti sbigottiti della gente, gli occhi di tutti che facevano fiumi di lagrime, li battimenti di petto, li replicati gridi, che riempivano l’aria di Misericordia ! l’atti di pentimento della vita passata, li buoni proponimenti d’emendar la futura, et in somma dal primo all’ultimo, huomini e donne, grandi e piccoli, non fu persona che non havesse migliorato nell’anima a gloria del Signore.
Gionto che si fu nel fine di questa strada, cioè nella cantonera chiamata di San Christofalo si poggiò forzatamente la strada lunga, che salisce verso la Chiesa di San Sebastiano. Et arrivati poco più sopra della Chiesa Madonna del Carmine ecco uscire di casa una donna(questa……………la moglie di Rocco Castelluzzo)quale teneva su le braccia un suo bambino cinto solamente di una lenza, per una Rottura che l’affligeva et offerendolo al Santissimo Crocifisso, come a medico celeste, li diceva: Signore già che vi siete degnato passare per dinanzi la mia casa, lasciatemi consolata, concedete la grazia a questo mio figliolino. Piange all’ora il figliuolo, rompersi quella cinta, e sanarsi la Rottura l’osserva ben bene la madre e trovatolo già guarito con allegrezza lo dimostrava pubblicamente a tutti, altro non si vedendo che un tantino di rossura nel loco affetto, in evidente segno della grazia ricevuta. Che perciò lodando tutti l’infinita Misericordia, ringraziavano il sommo Dio, et ella in segno della gratitudine gli presentò un anello che prontamente si trovò nelle mani.
S’era già trascorso poco sopra della casa di Don Domenico Traina eccolo ritirarsi indietro, e voltar la strada in cantonera d’essa casa, e poco appresso torcere la vanella verso giù dalla parte di dietro di detta casa, urtando anco in un legno di certa pergola,ch’era nella vanella, ma senza danno e fermatosi un poco,ritorna per la medesima vanella, e fermasi innanzi la porta di M.o Antonio Scorsone. La moglie di costui detta ……… havea detto il giorno innanzi queste simili parole: Dicono che lo S.to Crocifisso di Prizzi quando alcuno ci promette alcuna cosa, ci passa, per davanti la porta, io ci voglio promettere un anello forse passerà per d’avanti la porta mia.
Mentre dunque la S.ta Imagine si trova qui, ella si ricorda della promessa fattali, e subito piglia l’anello e donalo in presente segno del favore ricevuto e manifesta a tutti il mistero sopra cennato.fatto ciò si riduce di nuovo alla strada dritta rispondente a S.Sebastiano; e quando si credeva d’haversi fatto gran parte del camino vedesi di bel nuovo tornare in dietro, seco tirandosi tutto il popolo verso giù per insino che arrivò alla cantonera di S.Cristofalo donde prima si era poggiato.
Hor qui si può dire che si viddero confusi l’animi di tutti e specialmente li Rev. Preti, e Religiosi, non sapendosi che si fare,e per levare l’occasione della causa che era in mente d’alcuni, quali attribuivano quella novità di traviarsi le strade, alla calca dei popoli e anco dubitandosi d’alcun’altri, che la Maestà di quel Signore, forse non voleva esser portato da gente secolare, il R.do Arciprete Dr. Don Francesco Pisano con le lacrime a gli occhi, esortò li sacerdoti, che si degnassero portare loro la santa Imagine. Anzi per mostrare con segni esteriori l’interna devozione consigliò che si levassero le cotte acciò con tale mortificazione di restare in abito nero dassero buono esempio al popolo e magior gusto al Signore.
Prontissimi si resero tutti a queste parole, et egli il primo si levò la cotta e lìaltri insieme. Azione divota che commosse l’animi a rinnovare le lacrime. Et così fatti arrassare tutti del popolo secolare, alcuni dei Sacerdoti, Religiosi, e Cappuccini con occhi piangenti et affetto divoto, sottoposero le spalle al peso venerando e Santo. E salmeggiando divotamente cominciaro a salire di nuovo il camino dritto di quella strada.
Alli sudori e stenti mostravano apertamente quanto fosse pesante e grave il peso ch’havevano sù le spalle, quantunque di ragione non fosse tale. Si giunse a questo modo per insino a S.Sebastiano e quindi si prese la via verso il Castello, e doppo si ridussero dentro la chiesa Matrice.
Dove la santa Figura fu riposta innanzi l’Altare Maggiore, per darsi alquanto di respiro alle fatiche del corpo, e giuntamente alle confusioni dell’animo.
Ecco che entrato qui tutto il popolo d’una Terra intiera, si che mai si vidde la Chiesa maggiore così ripiena; s’odono li strepiti, e le grida di molte persone, vessate da maligni spiriti, che tremando, e distorcendosi in mille guise, con le voci terribili rappresentavano un spettacolo compassionevole di spavento. All’hora il R.do Arciprete mosso a compassione di quelle povere creature, cominciò a far l’officio d’esorcista. Ma che presaghi, cred’io, li spiriti maligni de suoi maggiori tormenti, non potendo tolerare la potenza delle Divine parole,e la presenza dell’Onnipotente Dio, per levarsi d’impaccio mossero l’animi d’alcuni,a sospettare di quella dimora che si facea nella Maggiore. E chi sa,disse uno, e li Preti ni daranno più lo S.to Crocifisso? Può essere, disse l’altro, che se lo vogliono tenere. E che ci faremo poi? disse lo terzo. E così di mano in mano, passando queste simile parole, entrano l’animi dei sospetti e dai sospetti si proruppero ad un’istante da tutti, quelle parole: Fora, fora. Andiamo ch’è tardo, andiamo! E fu tale quel grido comune che fu di bisogno incontinente partirsi dalla Matrice, con la S.ta Imagine, per portarla subito alla sua Chiesa. Si discese dunque per S. Francesco.
E qui trovandosi una povera donna di molt’anni vessata da maligni spiriti(questa fu Caterina di Dato, relicta dello quondam21Andrea), subito che si vidde all’aspetto venerando di quella miracolosa figura, cominciò tutta a tremare e non potendo l’Infernali Nemici più trattenersi, da subito se n’uscirono, lasciando quella creatura libera e sana a gloria del Signore. E finalmente passandosi per la Piazza, s’arrivò a S.Giovanni e riposta la S.ta Imagine dentro la chiesa, richiesta la sua benedizione e licenza con lodare la Divina Misericordia se ne tornò il popolo consolato, e ammirato insieme delle insolite meraviglie.”
Grazie al contributo dell’opera di Don Santo Giganti oggi possiamo tramandare ai nostri figli un documento scritto, una fonte importantissima. Nei secoli che ci dividono dal 1651 sono state numerose le storie legate ai miracoli del SS. Crocifisso che Ciminna continua a tramandare oralmente. Queste e molte altre testimonianze della Divina Misericordia ci servono per comprendere il mistero del dono di Dio che a Ciminna volle quel Crocifisso e che Ciminna da secoli ama. L’amore verso il SS. Crocifisso viene manifestato in ogni occasione dai ciminnesi, basti pensare anche agli emigrati che nelle realtà americane dove vivono con le loro famiglie tengono a commemorare il Crocifisso di Ciminna ripetendo ogni singolo momento della festa, riuscendo a sentirsi vicino, colmando la lontananza, vogliosi di sentire nei propri cuori, di far conoscere ai propri figli quella realtà che li ha accuditi e che gli ha dato i natali.
Non ritroviamo a scrivere semplicemente di tradizioni, la nostra non è una fede limitata alle processioni o al “viaggiu scavusu” durante l’ottava. La devozione al Santissimo Crocifisso è qualcosa di più, è un qualcosa di grande che ci fa sentire il calore dell’essere abbracciati dalle sue grandi braccia, sentire dentro la voglia di recarsi nella chiesa di San Giovanni ad inginocchiarsi davanti a quella Sacra Immagine per trovare conforto nei momenti di dolore o rendere grazie per le forti emozioni nei momenti di gioia. Per riuscire a capire fino in fondo il legame che i ciminnesi hanno con l’immagine nera del Crocifisso basta pensare al modo con cui essi amano chiamarlo “ Patri di li Grazji”.