Il gene umano
Un altro capitolo tratto dal libro “Colori d’ombra” che ci descrive la realtà della guerra e di chi la combatte, un altro racconto di Vincenzo Paolo Cutrone che entra a far parte della rubrica “Il piacere di scrivere”.
A voi il piacere di leggerlo.
“Claudio è pronto a far fuoco. Sono ore che aspetta il momento opportuno, l’attimo in cui la canna del fucile sia allineata con la testa del nemico. Bisogna agire in fretta altrimenti si rischia di fallire la missione. L’occasione bussa sempre una volta sola.
Ora.
…
-Claudio?
-…
-Claudio! Ti decidi a sparare?
-Dimmi una cosa Matteo. Per cosa combattiamo?
-Cosa?
-Per cosa combattiamo?
-Non lo so. Tu spara e non fare domande.
-Dici che ci hanno visto?
-Non credo.
-Perché non attaccano?
-Staranno aspettando l’ordine.
-Allora assaltiamo! Fermiamoli prima che possano…
-No. Fermo. Non possiamo. Ricordi cosa è successo ieri?
-Lo so, ma la voglia è troppa. Non senti anche tu un brivido lungo la schiena? È il desiderio di affondare questa lama nel petto di qualcuno.
-Calmo, Frank. Non abbiamo fretta.
-Come no? Come no? Siamo qui in mezzo al nulla sperduto nel vuoto, rischiando la vita ogni secondo che passa e tu mi dici che non abbiamo fretta? Io ho una famiglia a casa e vorrei rivederla alla fine di questo strazio. Non mi farò ammazzare come una femminuccia aspettando che il capitano ci dia il via libera. Se dobbiamo morire lo faremo con onore. Giocare a nascondino con la morte non servirà a niente, prima o poi ci troverà.
-Hai finito?
-Sì.
-Bene. Si stanno muovendo. Seguiamoli.
-Perché?
-Non ce l’ho fatta.
-Cosa vuol dire non ce l’ho fatta? Non è una prova di coraggio, Claudio, è la guerra. Siamo qui per…
-Per?
-Per…per noi. Siamo qui per noi. Abbiamo scelto questa vita. È giusto che portiamo a termine la nostra missione.
-La nostra missione consiste nell’uccidere chiunque ci sbarri la strada. Questa non è una missione. È un abominio.
-Allora perché sei qui?
-Mi ci ha mandato.
-Chi?
-La povertà.
-Ti capisco perfettamente. Non siamo tutti così matti da rischiare la pelle solo per l’onore. D’altronde è un lavoro come un altro. C’è chi sforna pizze tutte le sere, chi ripara auto in declino e c’è chi siede su di una poltrona aspettando che finisca il turno. Noi abbiamo un fucile stretto tra le braccia come qualsiasi pizzaiolo tiene una pala tra le mani. Solo che una mozzarella non ti spara addosso. Per cui sciacquati la mente e dacci dentro amico!
Nel campo di guerra il silenzio detta le sue regole. È un silenzio mai udito prima, che merita di essere ascoltato. Non una foglia può spostare l’equilibrio creato dalle due fazioni. Anche la natura stessa sembra stia trattenendo il respiro in attesa della prima mossa.
L’oscurità cela al suo interno una infinità di ostacoli. Ostruiscono il passaggio, inducono al rumore. Muoversi nell’ombra è una delle caratteristiche fondamentali di chi vuole sopravvivere. Così come la fortuna. Il vento, la pioggia, le nuvole che spengono la luna. Sono fragili pezzi di un puzzle che raffigura la buona sorte.
In casi come questo il fato si affaccia alla finestra, incuriosito anch’esso dall’esito della battaglia.
Il cielo, stavolta, sembra favorire Frank, pronto ad assaltare la base nemica. Vento benigno e un’amabile pioggia. Ogni cosa è al suo posto. Questa è la volta buona.
-Me lo sento.
La vittoria sembra a portata di mano, ma nell’aria c’è tensione e la mano, fatalmente, è impregnata di sudore.
-Basta crederci Frank.
-Tu ci credi?
-Ne sono convinto. Sono qui perché credo in alcuni ideali. Sani, puri, autentici. Al di sopra di tutto. E voglio vincere per essi. E per la mia famiglia. Non c’è cosa più bella al mondo di combattere comandati da un ideale che ti riporterà a casa sano e salvo.
-Ho un brutto presentimento.
-Non dire idiozie. Siamo addestrati e pronti a tutto. Possiamo combattere contro qualsiasi cosa.
-Anche contro un attacco aereo?
Un frastuono lontano, mascherato dal fischio del vento, insegue la vicenda con un personale interesse. Lentamente accelera la sua corsa, arrivando esattamente al centro di quello che tra brevi istanti sarebbe diventato un santuario della crudeltà.
Ha le dimensioni di un fulmine. Appare, terrorizza e svanisce. Con la stessa velocità con cui le palpebre di Claudio si abbassano una volta, un’ultima interminabile volta.
Se Frank fosse ancora vivo esulterebbe al pari dei suoi compagni che, al sicuro nel loro campo, sentono la vittoria come qualcosa di esilarante.
Si ride. Si ride per la fine, si ride per il rientro a casa, per le famiglie che ansiosamente aspettano il loro ritorno. Si ride per i morti, caduti da eroi per mano di un folle: l’uomo. L’uomo nel suo essere.
Questa sera in molti crederanno di aver avuto ragione nel proseguire l’attacco.
-Alla fine giustizia è stata fatta. Abbiamo vinto!
Parole indegne tra le labbra di un ignorante. Giustizia sarà fatta quando una sera, in cui solo la pioggia ed il vento minacceranno la salute di un uomo, qualcuno, nell’ombra di un pino cresciuto amorevolmente, alzerà gli occhi al cielo e, beatamente, lascerà vagare la mente oltre ogni confine, senza preoccupazione e, soprattutto, senza paura.
La lotta per il potere tra pochi uomini porta sempre a lotte per la sopravvivenza tra l’intera popolazione. Le conseguenze ricadono sull’esistenza stessa. E quel che si maschera da vittoria non è altro che la morte dall’aria sconfitta, che, rassegnata al suo triste destino, deride l’umanità per la sua idiozia ricordandole che una guerra la si perde nel momento stesso in cui la si dichiara. Per vincerla non bisognerebbe iniziarla.”