La 364° festa del “Patri ri li grazji”, un culto antico e moderno.
di Filippo Alesi
“Ton Stavròn su proskinùmen, Dhèspota, ke tin aghìan su Anàstasin dhoxàzomen.
Adoriamo la tua Croce, o Sovrano, e glorifichiamo la tua Santa Risurrezione”.
(Trisàghion della Domenica dell’Adorazione della Preziosa e vivificante Croce, dalla Liturgia bizantina).
La prima settimana di maggio per Ciminna è di certo la più la più attesa dalla popolazione del piccolo centro del palermitano. Ormai dal lontano 1651 un piccolo simulacro del SS. Crocifisso viene portato in processione durante la sera della prima domenica del mese e il lunedì successivo per le strade del centro abitato.
I fedeli ciminnesi sono indissolubilmente legati a questa umile ma preziosa immagine, poiché nel 1623 e poi nel 1651 è stata protagonista di molti interventi miracolosi, molti dei quali sono stati accuratamente trascritti dal Vicario Foraneo del tempo, Don Santo Giganti. Egli, con il suo manoscritto, ha dato la possibilità ad intere generazioni di fedeli di conoscere le vicende che ruotano attorno alla Miracolosa immagine del Patri di li grazji (così come viene chiamato comunemente il Cristo dai cimminesi).
Dalla seconda metà del seicento dunque, la festa è diventata la più sentita e partecipata e non sono pochi i forestieri che ogni anno si riversano a Ciminna per partecipare alla festa e per vedere di presenza la ormai famosa statua del Cristo nero. Questo articolo non potrà essere esaustivo per via della ricca storia e delle numerose leggende e usanze legate a tale festività; vuole solo essere un piccolo contributo per far conoscere a più persone possibili una parte di storia e di tradizioni di un popolo che, seppur anch’esso in parte globalizzato, cerca di mantenere vive le tradizioni tramandatici dai nostri avi.