‘U Triunfu, tradizione dedicata all’Immacolata Concezione
di Francesco Rizzo
Ciminna, luogo di attraenti e secolari tradizioni, vive i giorni della solennità dell’Immacolata Concezione con devozione e partecipazione popolare.
Nel corso della festività dell’Immacolata si svolge un’usanza singolare, risalente a circa 250 anni, che, insieme ad altre, è traccia di una cultura di fede e manifestazione di una pietà devota: ‘U Triunfu.
Tale tradizione risale al 1781, anno in cui i frati del convento di San Francesco D’Assisi di Ciminna commissionano allo scultore Antonino Barcellona una nuova statua lignea dell’Immacolata, da consegnare il 7 Dicembre dello stesso anno. In questa data la statua tardava ad essere consegnata; dunque il popolo ciminnese, che era rimasto in chiesa a vegliare fino a tarda sera, spinto da devozione e impaziente per il ritardo della consegna di detta statua, si incamminò verso Palermo, con la speranza di incrociare chi stava portando l’opera a Ciminna. Il gioioso incontro avvenne nei pressi di Baucina. Il popolo ciminnese, incontrati i portatori, animato da una grande devozione verso la Madre di Dio, si carica il simulacro e, nell’oscurità della notte, torna in paese, arrivando alla chiesa di San Francesco d’Assisi. Era l’alba dell’8 Dicembre 1781.
Se pur incerta è l’origine della processione della Marunnuzza ru triunfu, la tradizione ci tramanda che è proprio in memoria di quell’evento del 1781 che ogni anno, la Domenica mattina successiva alla festività dell’Immacolata, si svolge a prucissioni ru Triunfu.
Il simulacro che viene portato in processione in questa occasione è la cosiddetta Marunnuzza ru triunfu, una piccola statua della Vergine Maria risalente al XVII secolo e anticamente utilizzata dalla comunia per la recita dell’ufficio. La scultura rispetta i canoni iconografici imposti nel seicento: la Vergine viene raffigurata secondo le profezie dell’Apocalisse: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. Maria è elevata su una nuvoletta dalle quale appaiono teste di cherubino, oggi non più visibili a causa di un superficiale intervento di restauro del secolo scorso; col piede sinistro calpesta la falce di luna ad indicare la sua sovranità sulla storia. Lo sguardo rivolto al cielo, le mani in preghiera; la veste, internamente celeste (simbolo della trascendenza), è giallo oro, simbolo del riflesso della luce che è Cristo. A Marunnuzza ru triunfu è portata in processione su un piccolo fercolo alto quasi un metro. Le ridotte dimensioni del fercolo processionale, poggiato a terra al momento della fermata, facevano sì che la statua raggiungesse l’altezza fisica dei portatori e dei presenti. Da due anni, poiché l’antico fercolo viene poggiato su una ulteriore base, viene meno l’originaria peculiarità di questa occasione.
I festeggiamenti iniziano il sabato sera successivo all’8 dicembre: giovani e meno giovani si ritrovano insieme per mangiare, come da tradizione, salsiccia e ‘nfriulati (focacce ripiene di carne di maiale tritata, polpa di pomodoro, cipolle e spezie, nonché piatto tipico ed esclusivo di questa ricorrenza) e bevono vino. Pur considerato il piatto tipico di questa ricorrenza, i ‘nfriulati, fino alla metà del secolo scorso erano privilegio dei benestanti; oggi è, invece, alla portata di tutti.
Si veglia fino alle 4 del mattino, in attesa che le campane della chiesa di San Francesco d’Assisi suonino a prucissioni, richiamando tutti alla piazzetta della stessa chiesa, per l’inizio della processione. Lì, qualche minuto prima delle 4 la folla si fa sempre più numerosa, si ode il suono di qualche musicante che prepara il proprio strumento e il vocio sempre crescente della moltitudine di gente che, trepidante di gioia, attende l’inizio della processione. Alle 4 in punto, aperta la chiesa, nesci a marunnuzza.
La vara è preceduta da una fiaccolata di busuna, torcia tradizionale formata da un mazzo di steli di liama. Lungo il tragitto, di tanto in tanto, vengono accatastati dei fasci di legna, prevalentemente di ulivo (anticame- nte anche vecchi mobili, infissi rotti e altri, inutili, oggetti di legno da cui ci si voleva liberare), che vengono accesi al passaggio della processione, dando luogo alle cosidette vampe. Oltre ad avere l’immediata funzione di proteggere i partecipanti dal freddo della notte, questo rituale ha un significato simbolico, riconducibile ad antichi riti legati al ringraziamento alla Madonna per la fertilità del terreno; la legna bruciata ritorna nei campi sotto forma di cenere, molto utile per il terreno.
La processione è allietata, per tutto il percorso, dal suono di melodie proprie dell’occasione, eseguite da componenti della banda musicale di Ciminna. Unitamente al suono di qualche marcia allegra, portatori e presenti si lasciano trascinare dal ritmo alquanto festoso. L’armonia prodotta dal suono della banda stimola i portatori a compiere movimenti sussultori e oscillatori che, alla luce di studi antropologici, sono espressione di pratiche agrarie compiute in momenti critici, quali i passaggi di stagione.
Durante il tragitto ci sono delle soste obbligate; la prima e l’ultima sono davanti la chiesa, in cui i portatori (chiunque può esserlo, pur mantenendo il dovuto decoro che si addice alla circostanza) innalzano invocazioni di giubilo e preghiere alla Madonna. Gli stessi portatori, lungo il tragitto, regolano le fermate con un suono onomatopeico di campanella (nichi nichi nichi).
In passato, era usanza fermarsi obbligatoriamente non solamente agli incroci delle strade, come avviene per le altre processioni, ma anche davanti ai macellai, i quali offrivano della salsiccia ai portatori della vara, in prossimità delle vampe e in talune cappelle nelle quali viene eseguita la cantata.
La cantata non è, come comunemente si crede, un ricalcare o accompagnare la melodia eseguita dalla banda, bensì al contrario: la musica accompagna le parole di chi, in quel momento, innalza una preghiera alla Madonna. Nella fattispe- cie i canti che in questa occasione vengono eseguiti, e hanno melodie proprie, sono “O bella mia speranza” e le litanie lauretane.
Durante il tragitto, inoltre, di tanto in tanto vengono fatti volare i balluna, mongolfiere di carta velina create artigianalmente.
La processione, dopo aver fatto un tradizionale percorso, si conclude con il ritorno in chiesa, quando le prime luci dell’alba rischiarano le strade.
Alcune di queste manifestazioni tradizionali (busuna, vampe, balluna, cantata…), cadute in disuso negli ultimi decenni, sono state riprese da un gruppo di giovani ragazzi volontari.
Pertanto, considerato che anche quest’ anno, in occasione della tradizionale processione ru triunfu, un gruppo di giovani volontari si prodigherà per il recupero di queste tradizioni e, tra le altre cose, realizzerà i mazzuna ri busuna, disponibili in prossimità delle vampe, è necessaria una partecipazione fattiva e responsabile; in particolare si raccomanda agli adulti di invogliare i più piccoli ad accompagnare la processione con la caratteristica torcia, per custodire migliorare e tramandare ai posteri la tradizione.
Si invita chiunque a condividere immaggini, video, racconti, pensieri, storie e contributi vari sul Triunfu, al fine di salvaguardare fedelmente quello che è un patrimonio esclusivo e tradizionalmente rilevante.
Processione ru Triunfu
Domenica 13 Dicembre 2015
ore 4:00 Chiesa di San Francesco
Bibliografia consultata:
Anzelmo A., Del culto dell’Immacolata Concezione di M.V. a Ciminna, in Diego Ciccarelli e Marisa Dora Valenza (a cura di), La Sicilia e l’Immacolata. Non solo 150 anni, Biblioteca francescana Officina di studi medievali Palermo, Palermo 2006, 23-40.
Cusmano G., Storia dell’Immacolata Signora di Ciminna, con il patrocinio della Cassa Rurale ed Artigiana, Ciminna 1993.
Iraci A.,Il culto dell’Immacolata a Ciminna Aspetti storici, teologici e pastorali, relatore F. Lomanto, tesi di laurea in Scienze Religiose, anno accademico 2014/2015.
Foto di Giovanni Pollaci
Il compianto Dr Vito Graziano scrive in effetti di ciò che avvenne la sera del 7 dicembre 1781 mentre i Ciminniti in attesa di celebrare l’antichissima festività dell’Immacolata si ritrovavano senza una statua da portare in processione che stava per arrivare da Palermo. Scrive nel 1934 quando la tradizione del “Triunfu” era cosa consolidata ma perché del Triunfu non parla? Molto semplicemente perché la tradizione è comune a tutta la Sicilia, in vari modi, ed egli aveva interesse a registrare le tradizioni locali non altre. Secondo molti la tradizione risalirebbe al 431 quando il Concilio di Efeso decretò il primo dogma mariano “Maria Madre di Dio” e gli Efesini accolsero i padri conciliari portando in processione un’immagine della Theotokos e festeggiando tutta la notte.
Il dr. Graziano nel 1934 accenna ad una manifestazione molto simile che ai suoi tempi era già da molto tempo scomparsa, e che lui definisce “u triunfu di li busi”, che veniva effettuata per le festività del SS. Crocifisso e di San Antonio Abate. è possibile che vi sia una connessione tra questa e l’attuale Triunfu?