Festa del Precetto dei Malati di curtigghi e di la duminica
di Rosario Priolo*
“Festa del Precetto dei Malati di curtigghi e di la duminica” e cioè nei cortili e nelle vie secondarie del paese veniva fatto il primo sabato dopo la Pasqua. Il Cappellano Sacramentale di settimana della Matrice, con i confrati portavano in processione il Santo Precetto pasquale ai malati che abitavano nelle vie dove non passava la processione della domenica. I confrati organizzavano l’itinerario, portavano l’occorrente, ombrello, lampioni con candele, tronetto e altri arredi sacri (processione abolita da pochi anni).
La domenica invece il precetto viene portato in forma solenne con la banda, il tamburo, il
Baldacchino, con lo stendardo e i 12 stendardi piccoli finemente ricamati in oro di proprietà della Confraternita, caratteristica processione anche nel campo folcloristico, in cui i bambini vengono vestiti di San Giovanni Battista, di San Michele Arcangelo di Gesù Risorto e le bambine di angioletti.
Fino a circa quarant’anni fa l’attività principale della confraternita era quella di organizzare ed accompagnare l’Eucaristia che veniva portata in forma di Viatico ai moribondi, infatti in qualsiasi ora del giorno e della notte i confrati avvisati dal sacrista della Matrice o dai parenti del malato e al suono particolare della campana del Viatico nella chiesa sacramentale più vicina all’abitazione del malato, accompagnavano il sacerdote (con l’ombrello e i lampioncini ecc.) che portava il SS. Viatico e l’estrema unzione al moribondo. Il Viatico in forma solenne (con tamburo, baldacchino grande e con processione che usciva solo dalla Matrice) era riservato ai Confrati del Santissimo Viatico ed ai Sacerdoti. Tale processione portò il detto locale “U viaticu in casa d’autri e una bedda pricissioni”.
Cenni storici sulla Confraternita
La Confraternita fu fondata nel 1703 nella Chiesa Madre di Ciminna, detta anche del Giovedì in quanto la Confraternita si riuniva ogni primo giovedì di mese per l’esercizio della buona morte, durante il rito veniva sorteggiato il nome di un confrate che per tutto il mese si preparava e predisponeva la sua anima al pio esercizio della buona morte, nel giorno stabilito il confrate si presentava nell’oratorio dove venivano riuniti i confrati con una corona di spine in testa e una fune al collo (ciliziu), poi si distendeva per terra e il sacerdote secondo un rituale predisposto dalla
Confraternita e con le preghiere del rituale romano raccomandava l’anima del confrate per la buona morte, tradizione ormai da molto tempo andata in disuso;
Detta anche del Giovedì per la sua festa nel Giovedì Grasso alla fine del periodo del carnevale, in cui in forma solenne si festeggia tale giornata con una messa solenne con esposizione del Santissimo Sacramento presso la chiesa di San Francesco di Assisi oggi sede della Confraternita, con la tradizionale “comunione a pecuru”, praticamente i confrati al momento della comunione attraversano il corridoio centrale della chiesa in ginocchio e con le mani a terra (a pecuru) fino al presbiterio per andare a ricevere Gesù Sacramentato, come tante pecorelle che si recano verso il buon pastore. Per tale manifestazione i banchi della chiesa vengono collocati ai lati del corridoio centrale ed in fondo in prossimità della cappella dell’Immacolata viene addobbato un tavolo con sei
candele con un bel Crocifisso con croce e base in legno lavorato ed intarsiato con madreperle, il tavolo viene riservato per i Gestori della Confraternita e in quella giornata i confrati “pagano il libro” piccola tariffa in denaro come iscrizione annuale alla Confraternita (dal Giovedì grasso al Giovedì Santo) pena l’esclusione sia della confraternita che al diritto di sepoltura nella cappella della confraternita presso il Cimitero Monumentale Comunale.
“Festa delle scope” ormai non più in uso, in cui il mercoledì antecedente al Giovedì festa del SS. Sacramento i confrati in forma solenne con la banda muniti di scope, ramazze, ceste in vimini o paglia giravano tutte le vie processionali, dove l’indomani doveva passare il Santissimo, per pulire le strade da concime e sporcizie varie, raccogliere le pietre e cosi rendere più decorose e pulite le strade del paese.
Lo stemma della confraternita anticamente era l’ostensorio del SS. Sacramento, come si può notare dallo stendardo grande e come riportato nelle regole della Confraternita. I confrati fino a circa 75 anni fa indossavano la “Cappa” vestiario composto da un camice bianco, cordone bianco, mantellina rossa e cappuccio che copre il viso ad imbuto e al petto un drappo di stoffa di colore rosso ricamato e al centro la placca in argento del SS. Sacramento “vistutu di babbutu”. Oggi i confrati portano solo una placca in metallo argentato con un cordoncino al petto, raffigurante un calice sormontato dall’ostia con nuvole.
*Confrate e Consigliere del Centro Diocesano
Confraternite Laicali – Arcidiocesi di Palermo